LA TRAVIATA DI VALENTINO, VERSIONE HAUTE COUTURE DI UN’OPERA AMATA

[tratto da www.style.corriere.it]

Decisamente riuscita la collaborazione fra l’Opera di Roma e la Fondazione di Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti. Meravigliosi i costumi disegnati da Valentino, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli per Maison Valentino, tradizionale la regia di Sofia Coppola. Molto criticata l’edizione musicale

DI MICHELE CIAVARELLA

23 MAGGIO 2016

Più dell’opera poté il glamour. Ieri sera, in una Roma affollata dal jet set internazionale, è andata in scena l’anteprima di La Traviata, opera popolare amatissima di Giuseppe Verdi, al Teatro dell’Opera di Roma, in cartellone dal 24 maggio al 30 giugno. L’eccezionalità della produzione sta nel fatto che, forse per la prima volta, al Teatro si affianca come produttore la Fondazione di Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti. Alla regia, un’attesissima Sofia Coppola, al suo debutto nel genere, come attesi erano i costumi, disegnati da Valentino quelli di Violetta e da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli per Maison Valentino quelli dei comprimari e del coro.

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Qualsiasi considerazione su questa produzione deve partire necessariamente da qui. La collaborazione dei teatri d’Opera con i privati è una delle strade più efficaci per uscire da un tunnel in cui ci sono pochi mezzi economici, con pochi finanziamenti statali e ancor meno introiti diretti, visto che la maggior parte dei teatri italiani si affida per lo più alle entrate della biglietteria e non ha sviluppato un marketing adeguato per vendere né le produzioni né i prodotti (registrazioni audio e video per primi). Quindi, va dato atto alla generosità di Valentino che non ha solo permesso di realizzare un suo sogno ma ha aiutato un’istituzione che ha bisogno. E bene ha fatto il Sovrintendente Carlos Fuortes ad accettare, visto i risultati: la produzione è costata un milione e 800 mila euro, il teatro ha già incassato un milione e 200 mila euro di prevendite (il più grande introito della sua storia) e lo spettacolo è stato già acquistato a Siviglia e in Giappone.

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I COSTUMI

Condizionata così fortemente da questa collaborazione, questa produzione passerà alla storia del teatro dell’opera come La Traviata di Valentino anche e soprattutto per i vestiti. Violetta sfoggia abiti di Haute Couture di un’eleganza che i tradizionali costumi teatrali, solitamente realizzati con tessuti di bassa qualità, non possono rendere. L’abito nero con uno strascico verde petrolio del primo atto non è solo bello, ma è frutto di una maestria (e dei mezzi) che solo un atelier come quello di Piazza Mignanelli può possedere. Lo stesso per l’abito bianco con una liseuse di voile che Violetta indossa in campagna e per l’esplosione del rosso della festa a casa di Flora nel secondo atto, e della camicia da notte del terzo atto con le mezze maniche imbottite di rose di tulle. Stupendi, moderni, leggeri, eleganti, gli abiti dei comprimari e del coro disegnati dai due direttori creativi, Chiuri e Piccioli, che ormai reggono la Maison da otto anni, hanno trasformato il palcoscenico in una passerella di bellezze delicate che non aggrediscono né distraggono l’occhio dello spettatore dal conetsto ma lo riempiono di stupore.

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La Traviata con i vestiti di Valentino Garavani, I atto

LA REGIA

Sofia Coppola è una regista bravissima. È uno di quegli strani esempi di figli d’arte a cui ha nociuto la notorietà del padre (Francis Ford Coppola era in platea). I suoi film, da Il giardino delle vergini suicide a Marie Antoinette sono ricchi di intuizioni originali ed esaltanti. La sua regia di questa Traviata, suo debutto nell’opera, è invece volutamente tradizionale, debitrice dichiaratamente a quella di Luchino Visconti con Maria Callas alla Scala nel 1955. «Quello che resta dell’opera sono le emozioni, inutile stupire con trovate sceniche», dice lei per dare forza a una regia che a volte rischia il dejà vu. Se non per una caratteristica: Coppola dà a Violetta un carattere reattivo, né sdolcinato come capita spesso, né da cortigiana pentita sulla strada dell’amore. In ogni caso, la regia di Coppola ha il merito di non aver interpretato i personaggi come si vede in tante regie sperimentali di questi anni e per fortuna il suo Alfredo ha fatto dimenticare quello che puliva le verdure in cucina che si è visto alla Scala due anni fa. Qui stona soltanto quella scala di marmo da villa hollywoodiana, come se ne vedono nei film Anni 50, che nelle case ottocentesche di Parigi proprio non ci sono. Tradizione per tradizione, valeva la pena non metterla.

Violetta Valery durante la festa a Parigi, II atto. Costumi di Valentino

Violetta Valery durante la festa a Parigi, II atto. Costumi di Valentino

LA MUSICA

Un vero peccato per l’edizione musicale. Una di quelle da non registrare, perché lasciarla a futura memoria sarebbe un disastro. Il giovane direttore Jader Bignamini non dirige né concerta, si limita ad accompagnare i cantanti (anche con il labiale: si è cantato tutta l’opera) anche se poi li lascia da soli nei momenti più difficili, mentre l’orchestra fa quello che può stoppandosi ai colpi di bacchetta perentori che imponevano rallentamenti sinceramente inutili. L’effetto è quello di un’esecuzione da banda delle feste paesane, con tutto il rispetto per un’orchestra che sa dare prove di gran lunga migliori e lo ha dimostrato con la direzione di Riccardo Muti, per esempio. Violetta, il soprano Francesca Dotto con moltissime Traviate all’attivo, riscalda la voce atto dopo atto, per cui al primo atto non ha nemmeno quella risicata sufficienza che raggiunge nel finale del terzo. Alfredo, il tenore Antonio Poli, è giovane e può darsi che in futuro la sua voce si farà. Ma dovrà anche imparare a recitare: all’Opera si recita cantando. In questa situazione, Germont, il baritono Roberto Frontali, appare un gigante: bella voce e portamento esperto.

PARTERRE DA JET SET

Nessun nome come quello di Valentino riesce a portare a Roma quel jet set da Hollywood sul Tevere di cui la città avrebbe tanto bisogno oggi. Celebrities di ieri e di oggi, messi insieme per un’occasione speciale. Le amiche di Valentino c’erano tutte, da Lee Bouvier-Radziwill a Diane Von Furstenberg, con nobiltà europea e politici romani. E poi, Kim Kardashian con marito Kanye West al seguito, Monica Bellucci, Liz Hurley, Keira Knightely. E ancora gli italiani: Stefania Sandrelli, Ornella Muti, Pierfrancesco Favino, Adriano Giannini, Alba Rorhwacker. Il ministro della cultura Dario Franceschini ha dato l’imprimatur a questa ottima collaborazione. Un po’ defilati i candidati sindaco Alfio Marchini e Roberto Giachetti.

STANDING OVATION

Applausi per tutti, segno che questa edizione di Traviata piacerà al grande pubblico dei teatri in cui sarà programmata. E standing ovation per Valentino: L’ultimo imperatore, salito sul palco alla fine della recita, tremava di gioia, di soddisfazione e di emozione, appena calmata dalla presenza del compagno Giammetti. E applausi per Chiuri e Piccioli, emozionati ma abituati a reggere i palco, per Coppola un po’ intimidita (e forse il timore l’ha anche convinta a non osare qualcosa di più nella regia), cantanti e coro (più bravo il coro dei cantanti, tra l’altro).

Tra lacrime e commozioni e soddisfazioni, sul palco si mostrano due evidenze: la prima è la riuscita della collaborazione tra pubblico e privato se il secondo non è invasivo e salvaguarda la qualità. E questa di Roma andrebbe copiata in altre città, a Milano soprattutto: la quantità di stilisti che possono investire in cultura non si è esaurita. La seconda è che la Maison Valentino è il primo esempio in cui tra il fondatore ancora in vita e gli eredi che tengono altissimo il livello del suo marchio esiste un rispetto reciproco che non ha eguali.

E tutto questo porta al vero successo della serata, che è quello che utilizza un’ampiezza di vedute e di prospettive che la moda può portare in altri campi ancora chiusi in recinti inespugnabili. Il che salva l’iniziativa da quella sensazione di “occasione sprecata” alla quale avrebbe portato un’attenzione puntata solo sull’edizione musicale. Della quale, però, è responsabile il Teatro romano che ha avuto l’occasione per creare anche l’evento musicale ma non l’ha saputa cogliere appieno.